Nota anche come potenza aerobica, la resistenza aerobica può essere definita come la capacità di eseguire un lavoro per un periodo di tempo prolungato, riuscendo a sopportarne le conseguenze a livello di affaticamento indotto dal sistema aerobico, con il coinvolgimento dell’apparato respiratorio e di quello cardiovascolare
Vi è una importante correlazione tra resistenza aerobica e resistenza muscolare, poichè è l’apporto di ossigeno che viene inviato dal cuore ai muscoli a determinare in che misura essi parteciperanno all’azione. Dalla capacità vitale e dal volume del cuore dipenderà dunque la capacità di un atleta di adattarsi allo stress legato alla durata delle attività di resistenza. Affinchè la resistenza aerobica possa essere allenata nel modo corretto è bene curare la respirazione attraverso adeguate tecniche, che consentano di influenzare positivamente la prestazione; è importante infatti che l’atleta impari a respirare non solo profondamente ma anche ritmicamente, riuscendo a mantenere tale ritmo per l’intera gara, inalando ed espirando la maggiore quantità di aria possibile. L’espirazione è tanto importante quanto l’inspirazione: se non effettuata nel modo corretto infatti, la quantità di ossigeno presente nell’aria successivamente inalata risulterà diluita e ciò andrà a ripercuotersi negativamente sulla competizione. E’ importante che i polmoni ricevano un adeguato apporto di ossigeno nei momenti di maggior affaticamento, in maniera tale da riuscire a superarli in maniera ottimale. Insomma la resistenza aerobica è quella che contraddistingue i ritmi più bassi del lavoro aerobico, con allenamenti lenti e prolungati che stimolano, a livello metabolico, la demolizione degli acidi grassi. Al fine di valutare i miglioramenti conseguenti ad un accurato allenamento della resistenza aerobica, esistono una serie di test diversificati, ognuno dei quali consente di controllare, in maniera matematica, i benefici prodotti dal periodo di allenamento ed il livello raggiunto. Si tratta di test funzionali di fondamentale importanza non solo per l’atleta, ma anche per allenatori, preparatori atletici e medici, allo scopo di valutare periodicamente la performance raggiunta dall’atleta ed avere una visione completa del livello di allenamento raggiunto, apportando eventualmente modifiche al programma così da personalizzarlo e adattarlo. Dal canto suo l’atleta, ha invece la possibilità di farsi un’idea della propria condizione fisica e atletica nel corso della stagione agonistica, e capire come arrivare preparato alla competizione agonistica.
Tipologie di test di resistenza aerobica
Test di Cooper, o test dei 12 minuti: consente di esplorare la massima potenza aerobica sopportata, ovvero il massimo consumo di ossigeno senza che venga attivata la produzione di acido lattico. Più ci si avvicina alla stagione agonistica, più accurati ed importanti sono i dati forniti dall’esito di questo test. La sua esecuzione è molto semplice: l’atleta deve correre per 12 minuti su un percorso misurato in precedenza e suddiviso in settori di 50 metri. Al termine dei 12 minuti si misurerà la distanza percorsa, effettuando una conseguente classificazione in categorie.
Test di Astrand: il suo nome è legato a quello dei un noto fisiologo svedese, lo si esegue in palestra ed è basato sul controllo della frequenza del battito del cuore, come indice indiretto del consumo di ossigeno. Superato un certo livello di sforzo infatti, la frequenza delle pulsazioni cardiache aumenta in maniera proporzionale al consumo di ossigeno. Lo si effettua pedalando per un periodo compreso tra i 4 ed i 6 minuti, incrementando lo sforzo qualora non si raggiunga una frequenza delle pulsazioni stabile, compresa tra 140 e 160 battiti al minuto. Per valutare il risultato bisogna incrociare i valori della frequenza del battito e del rispettivo carico di lavoro con una retta che indica il valore del massimo consumo di ossigeno in l/min. Nel caso l’atleta abbia un’età compresa tra 10 e 15 anni, è necessario moltiplicare il valore ottenuto per uno specifico coefficiente di correzione.
Test del miglio: misura il massimo consumo di ossigeno dell’atleta. E’ un test indicato per soggetti decondizionati o poco allenati e si può effettuare su una pista di atletica o su un percorso pianeggiante, purchè precedentemente misurato. Va preceduto da un riscaldamento di 15 minuti, dopo i quali l’atleta, partendo da fermo, percorrerà un miglio ovvero 1609 metri, pari a quattro giri di una pista di atletica ai quali vanno sommati nove metri, il tutto nel minor tempo possibile. Un assistente ha il compito di misurare il tempo con un cronometro rilevando, al termine della prova, la frequenza cardiaca dell’atleta per analizzare i risultati e stabilire il suo VO2max.
Test di Balke: consente di misurare il VO2max di un atleta, effettuandolo su una pista di atletica o su di un percorso pianeggiante misurato in precedenza. Il test di Balke prevede, dopo un adeguato riscaldamento, di correre per 15 minuti cercando di coprire la maggior distanza possibile. Sarà compito dell’assistente contare i giri di pista ed effettuare il calcolo della distanza percorsa per poi analizzare i risultati e stabilire il VO2max dell’atleta oppure stimare i miglioramenti o i peggioramenti della prestazione, nel caso in cui il test sia già stato effettuato in precedenza.
Test di Bruce: sviluppato dal dr Robert A. Bruce nel 1963 era stato pensato per diagnosticare i problemi cardiaci. Negli anni è divenuto un test di fondamentale importanza in ambito sportivo in quanto consente di valutare la prestazione aerobica degli atleti, mentre in ambito medico continua ad essere effettuato per evidenziare eventuali anomalie cardiache. Dopo aver eseguito un riscaldamento di 15 minuti di corsa lenta, da intervallare a cambi di ritmo, bisogna impostare il tapis roulant ad una velocità di 2,7 km/h mentre la pendenza dovrà essere di 10%. A questo punto l’atleta può iniziare il test di corsa, con incrementi combinati di velocità e pendenza ogni tre minuti, secondo uno schema prestabilito. La conclusione del test è soggettiva e avviene quando l’atleta non riesce a sostenere un ulteriore incremento di velocità e pendenza.