Tutti pensano che per sentirsi in forma bisogna dormire otto ore per notte. A noi sembra di riuscirci, ma poi ci laviamo i denti alle due di notte, ci buttiamo subito a letto ma, dopo cinque o sei ore, dobbiamo già spegnere la sveglia per cominciare un nuovo giorno. Ovviamente vorremmo dormire di più, ma per molti di noi è praticamente impossibile. Possiamo sentirci in forma anche dormendo di meno, senza compromettere lo sviluppo muscolare? Sveglia! Stiamo per scoprirlo.
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IL MITO DELLE OTTO ORE
Di quante ore di sonno abbiamo realmente bisogno? Il dr. Wilse B. Webb, studioso del sonno da oltre quarant’anni e autore del libro Sleep, the Gentle Tyrant, sostiene che le ore di sonno “necessarie” sono quelle che ci permettono di svegliarci da soli e di sentirci riposati: “Per scoprire di quante ore di sonno abbiamo bisogno, basta andare a dormire, svegliarci dopo 2 ore e mezza e verificare come ci sentiamo durante la giornata. Ovviamente non saremo abbastanza riposati. Dopo una settimana, proviamo allora a dormire per quattro ore. È probabile che non ci sentiremo riposati nemmeno stavolta. Bisogna quindi ripetere lo stesso procedimento finché non riusciremo a svegliarci facilmente e a sentirci riposati per tutto il corso della giornata”.
Secondo Webb il principio secondo cui tutti dovrebbero dormire otto ore per notte è ridicolo: “È come dire che dovremmo tutti avere 80 cm di girovita”. Come molte altre caratteristiche biologiche, anche il sonno è un tratto estremamente soggettivo. In media la durata naturale del sonno è di 7 ore mezzo, il 60% delle persone ha bisogno di dormire un’ora in più o un’ora in meno della media, da 6 1⁄2 a 8 ore 1⁄2. Agli estremi si trovano quei pochi fortunati cui bastano 4 ore 1⁄2 e quei poveri diavoli cui servono fino a 10 ore 1⁄2 di sonno.
Qualunque siano le esigenze individuali, in genere non riusciamo a soddisfarle. Possiamo rimanere in forma anche dormendo di meno? “Lo facciamo già”, afferma Webb. “Dormiamo meno del necessario e ne siamo perfettamente coscienti, perché non appena è possibile recuperiamo. Gli studi scientifici continuano a confermare che il fine settimana si dorme un’ora in più che nei giorni feriali”.
Alcuni scienziati ritengono che dovremmo dormire ancora di meno. Il dr. Henry Olders, che esercita la professione di psichiatra, sostiene che le mitiche otto ore potrebbero essere perfino dannose per la salute: “Non è il caso di dormire poco, ma dormire troppo può essere ancora più pericoloso”. Dormendo troppo si può provocare un sovraccarico di sonno REM (dall’inglese ‘rapid eye movement’, movimenti oculari rapidi) densissimo di sogni, che può causare depressione e affaticamento. Il dr. Olders consiglia di svegliarsi presto regolarmente: alzandosi tutte le mattine alle 6:00 si riduce la fase REM e si allontana la malinconia.
DORMIRE DI MENO
Secondo il dr. Claudio Stampi, fondatore e direttore del Chronobiology Research Institute di Boston (USA), è possibile modificare il normale fabbisogno di sonno. Grazie alle ricerche condotte sulle tecniche di sonno “polifasico ultrabreve”, il dr. Stampi ha scoperto che è possibile ridurre le ore di sonno normalmente “necessarie” del 10-25% a lungo termine e fino al 50% a breve termine, accorciando il riposo notturno e aggiungendo alcuni brevi sonnellini nel corso della giornata (vedi tabella “Manovre notturne” sottostante). “Il sonno lungo e ininterrotto cui sono abituati gli esseri umani è raro in natura: l’85% delle specie viventi seguono uno schema di sonnellini multipli”, afferma Stampi. “Abbiamo condotto delle ricerche per conto della NASA per scoprire se fosse possibile aumentare l’efficienza del sonno suddividendolo in tanti sonnellini”.
I risultati ottenuti sono molteplici. Innanzi tutto, la fase più riposante del sonno è all’inizio ed è costituita da onde lente e profonde chiamate delta (tutti gli stadi del sonno sono importanti, ma il sonno delta sembra essere il più riposante). È interessante notare che diminuendo la durata totale di sonno, si ottiene comunque il 90% di sonno delta. Il dr. Stampi ha perciò ipotizzato che, iniziando ripetutamente il sonno sotto forma di brevi sonnellini, si potrebbe aumentare l’efficienza temporale del sonno ottenendo una fase riposante più lunga. In questo modo si ricaricano più spesso le batterie e ciò permette di rimanere vigili anche quando siamo in debito di sonno.
Questa tecnica di riduzione del sonno ha dimostrato la sua efficacia anche in condizioni particolarmente difficili, come nel caso di interventi di emergenza nello spazio, nei giri del mondo in barca a vela in solitario o subito dopo la nascita di un figlio. Secondo il dr. Stampi, tuttavia, questa tecnica non può essere considerata un’alternativa permanente al sonno normale: così come si può forzare il corpo a mantenere un peso inferiore a quello naturale, si può anche costringere l’organismo a dormire di meno, ma così saremo sempre bisognosi di cibo… o di sonno. Non si può fingere all’infinito.
Jonathan El-Bizri, trentenne, professionista nel campo delle alte tecnologie di giorno e musicista di notte, ha provato a seguire la tecnica dei sonnellini multipli per ridurre la durata totale di sonno a quattro ore: “Per una persona che era abituata a dormire nove ore per notte, è stato un miracolo, soprattutto perché ero comunque molto efficiente di giorno”. El-Bizri, che vive a San Francisco e con questo metodo si sentiva più vigile e concentrato del solito, è riuscito però a seguire questa tecnica soltanto per sei mesi. Lo stato di salute generale è peggiorato e il sistema immunitario si è indebolito, anche perché – come ha affermato egli stesso – passava troppo tempo in studio e troppo poco in palestra: “Se fossi stato più in forma, avrei avuto maggiore successo con questa tecnica, che è molto impegnativa a livello fisico. Ho seguito per tutto il tempo un’alimentazione sana, senza dolci né caffeina né alcool, ma nonostante ciò ho cominciato a deperirmi”.
IL PREZZO DA PAGARE PER IL DEBITO DI SONNO
Non è così alto come si può pensare, sostiene Webb: “Abbiamo osservato in laboratorio dei soggetti ai quali è stato impedito di dormire per tre giorni consecutivi, senza riuscire ad individuare nessun effetto negativo a lungo termine. La prima notte – dopo i tre giorni di deprivazione di sonno – dormivano di solito per 12-13 ore, la notte seguente per circa 10 ore, dopodiché avevano perfettamente recuperato. Si potrebbe pensare che, avendo perso 24 ore di sonno, avrebbero dovuto dormire altre 24 ore per recuperare, ma non è così: il recupero di sonno non è calcolabile algebricamente”.
In laboratorio, il sistema immunitario dei topi collassa dopo 13 giorni senza dormire, ma gli studiosi non hanno ancora capito se ciò sia dovuto alla mancanza di sonno o allo stress provocato dai meccanismi utilizzati per tenerli svegli: in uno di questi studi, se un topo si addormentava veniva buttato in una pozza d’acqua. Tenere svegli gli esseri umani è molto più difficile: a un certo punto i soggetti non riescono più a tenere gli occhi aperti e l’esperimento termina. Ecco perché gli scienziati non hanno ancora scoperto quali siano gli effetti a lungo termine della deprivazione di sonno.
A breve termine, sembrano verificarsi solo due conseguenze misurabili: in primo luogo è molto più difficile alzarsi quando suona la sveglia e in secondo luogo è difficile concentrarsi su compiti che richiedono di prestare attenzione (quelli più monotoni o rilassanti) piuttosto che su compiti che richiedono attenzione (quelli più impegnativi, entusiasmanti o pericolosi). “Non mi preoccupa tanto il chirurgo privato di sonno quanto l’autista che guida per un lungo tragitto di notte”, spiega Webb.
SONNO E MUSCOLI
Immaginiamo già cosa state pensando: cosa c’entra tutto questo con gli atleti? Chi si allena come minimo per un’ora al giorno può riuscire a dormire di meno? Abbiamo girato la domanda a chi di dovere ed ecco cosa ci hanno risposto.
Gli atleti hanno esigenze di sonno particolari? Il dr. Olders sostiene che non sono stati condotti studi specifici in tal senso, ma che l’allenamento intenso sembra sopprimere il sonno REM. Da questo punto di vista, l’allenamento somiglia ad una cura antidepressiva, e forse è proprio questo il motivo per cui allenarsi fa bene all’umore. Dormendo di più, tale effetto potrebbe venire a mancare.
Quali sono i tempi di recupero necessari per favorire la crescita muscolare? “Non sono a conoscenza di ricerche scientifiche in base alle quali dormendo di più si possa favorire il recupero o lo sviluppo muscolare”, afferma Olders. “Dormendo troppo si rischia di provocare insonnia e forse anche stanchezza e depressione”.
La tecnica polifasica può influire sulle prestazioni atletiche? Secondo il dr. Stampi, questo aspetto non è stato ancora approfondito nelle ricerche, ma visto che l’allenamento migliora la qualità e l’efficienza del sonno, è possibile che un atleta riesca a gestire questa tecnica in modo migliore rispetto alle persone comuni.
MASSIMIZZARE I PERIODI DI VEGLIA
In base a quanto detto finora, ecco come sfruttare al massimo le ore di veglia.
Fare dei sonnellini. Non c’è bisogno di dormire tanto: secondo il dr. Olders, è meglio fare dei sonnellini molto brevi (di 5-7 minuti). I sonnellini più lunghi, infatti, possono avere risvolti negativi: il cervello impiega più tempo a svegliarsi e si può provare un senso di stanchezza per quasi un’ora. Secondo il dr. Stampi, è importante seguire il proprio ritmo circadiano: “Per conoscere la propria fisiologia, bisogna procedere per tentativi. Facendo dei sonnellini di durata variabile in momenti diversi della giornata, si riesce a capire quali siano esattamente le proprie esigenze di sonno personali”.
Bere caffeina. È decisamente consigliabile, perché la caffeina spinge le cellule ad ignorare una sostanza chimica, l’adenosina, che stimola il sonno e aumenta la produzione di dopamina, che a sua volta contrasta la depressione limitando la durata di sonno REM. L’effetto della caffeina svanisce dopo due o tre ore, quindi evitate di assumerla prima di fare un sonnellino e prima di coricarvi.
Ridurre l’apporto di carboidrati. Il glucosio presente nei carboidrati fa aumentare i livelli d’insulina, provocando nell’immediato uno stato di massima vigilanza, seguito però da un crollo energetico. Per ridurre al minimo i picchi insulinici, bisogna mangiare più spesso e diminuire l’apporto di carboidrati – due tecniche che servono anche a stimolare il metabolismo. Il dr. Olders ha avuto degli ottimi risultati utilizzando la dieta Atkins per mantenere svegli i soggetti sottoposti a esperimento.
Allenarsi. “Gli studi scientifici hanno dimostrato che l’esercizio fisico migliora la qualità del sonno non solo per l’attività fisica in sé ma anche per la conseguente variazione della temperatura corporea”, afferma Stampi. “Durante l’allenamento il corpo produce endorfine, che aumentano la vigilanza. Bisogna anche scegliere il momento giusto per allenarsi: l’esercizio fisico mattutino aumenta la vigilanza ma non rende assonnati successivamente, mentre pare che allenandosi nel tardo pomeriggio si possa favorire il sonno qualche ora più tardi”.
Allora non è un sogno: dormire di meno è possibile. Con tutte le ricerche in corso su questo argomento, prima o poi la scienza potrebbe liberarci del tutto dal bisogno di dormire. Ma – si chiede Webb – a che scopo? Se dovessimo affrontare altre otto ore di vita frenetica, impazziremmo. Il sonno è dolce: godiamocelo.