Si discute ormai da decenni se per allenare un muscolo sia più idoneo un approccio di tipo Multiserie (Weider e compagni) o Monoserie (Mentzer e conseguente Teoria Heavy Duty), allorquando si vada ad eseguire una mole di lavoro superiore in base al primo principio o unitaria in base al secondo.
La diatriba nacque molti anni orsono, quando il padre fondatore del moderno Body building Joe Weider, formulò una Teoria di allenamento per lo sviluppo muscolare in contrapposizione a quella per l’aumento di potenza nei sollevamenti di forza (Powerlifting); egli ipotizzò per induzione che, dal momento che lo sviluppo di un livello di forza superiore necessitasse di poche ripetizioni per poche serie, l’aumento di volume muscolare potesse essere ottenuto unicamente con un approccio inverso, cioè di molte ripetizioni e molte serie per esercizio; abbiamo ancora negli occhi le lunghe maratone di Arnold Schwarzenegger, che si sfiniva con decine di serie da 15 ripetizioni o più.
Quando negli anni settanta Mike Mentzer, anche in ottemperanza agli insegnamenti di Arthur Jones, si rese conto che un allenamento del genere era assolutamente dilapidario, formulò (e con gli anni implementò) la Teoria ad Alta Intensità, in modo da massimizzare i risultati e economizzare le risorse psicofisiche.
Quest’ultimo avanzò l’ipotesi, inizialmente (e tutt’oggi) osteggiata dai cortigiani weideriani, che non ci fosse bisogno di seguire un protocollo di lavoro multiserie, ma che fosse sufficiente eseguirne solo una al massimo delle proprie possibilità.
Manco a dirlo Mentzer fu messo alla berlina dagli alti papaveri conservatori del settore, ma quello che più importa è che dette dimostrazione pratica che la sua Teoria funzionava non solo per lui, ma anche per molti altri atleti che l’avevano abbracciata totalmente, tra cui spiccano nomi del calibro di Casey Viator (il più giovane Mr. America di sempre) e Dorian Yates (6 volte Mr. Olympia, seppure in una versione moderna modificata (e discutibile)).
Purtroppo la diatriba non avrebbe nemmeno dovuto nascere, dal momento che, sin dal primo ragionamento che portò Weider a formulare un’ipotesi del genere, si palesa la sua inesattezza di pensiero; infatti è pur vero che i sollevatori di potenza debbono incrementare la performance e quindi non avrebbe senso per loro allenarsi a carichi inferiori al 90/100% per un numero di ripetizioni abbastanza elevato, ma non è neppure vero che, per sviluppare la massa muscolare, sia necessario un volume di lavoro triplicato o quadruplicato; a parte il fatto che oggigiorno persino i powerlifter seguono delle schede complementari di Body building a numero di ripetizioni più elevato, il perché si evince dalla confusione che si è venuta a creare tra volume Totale e volume Unitario; infatti, se si considera sempre lo stesso esempio della differenza che intercorre tra un sollevatore di potenza e un bodybuilder, è errato pensare che per il secondo si debba intervenire sul volume di lavoro complessivo mentre per il primo si debba considerare unicamente la possibilità di incrementare la performance; entrambi infatti debbono aumentare la loro performance in un’ottica diversa di volume Unitario; il powerlifter dovrà impegnarsi per aumentare il carico utilizzato per una ripetizione, il bodybuilder dovrà preoccuparsi di aumentare il numero di ripetizioni con lo stesso carico o aumentare quest’ultimo per lo stesso numero di ripetizioni (Overload); infatti in entrambi i casi si terrà in considerazione la formula dell’intensità e il modo di incrementarne il valore
I=(Kg x Rip)/Tempo.
Purtroppo parecchi pseudo-allenatori ancora oggi travisano questo fatto, arrivando addirittura a confondere tra forza resistente e forza massimale, rendendo ancor più nebbiosa la differenza tra fibre rosse e fibre bianche; c’è infatti chi sostiene che, per allenare atleti le cui fibre muscolari siano geneticamente del primo tipo, cioè rosse di resistenza, sia necessario allenarli in modo da cuocere completamente i loro muscoli difficili da sviluppare, invece che limitarsi ad allenarli ad alta intensità, già che, per il fatto di essere fibre resistenti al carico, non si può far loro crescere con un approccio di tipo monoserie da 5/6 ripetizioni; in questo modo, non solo non si permetterà a questi atleti di raggiungere il proprio potenziale genetico, allenandoli per la resistenza invece che per l’ipertrofia, ma si indurrà gli stessi a un grave stato di sovrallenamento, facendo loro eseguire due e più serie fino a che il numero di ripetizioni che riescono ad eseguire è palesemente inferiore alla prima serie (ovviamente), chiaro sintomo di essere stati allenati fino in fondo; esempio: un hardagainer che riesca ad eseguire 10 ripetizioni con 60 kg di panca piana, che continuerà ad eseguire serie dopo serie fino a che non riuscirà più a compiere lo stesso numero di ripetizioni con quel peso, ma solo poche, diciamo intorno alle 3/4.
Una concezione del genere, oltre ad essere fallace e fuorviante, è gravemente deleteria a livello psicofisico, soprattutto per soggetti che hanno forti difficoltà di recupero (supercompensazione); la cosa sensata sarebbe quella di andare ad operare ad hoc sulla formula dell’intensità e precisamente sul numero di ripetizioni da far eseguire a codesti atleti di resistenza; nell’esempio se 5/6 ripetizioni potrebbero essere insufficienti (ancora da dimostrare, contraddetto in parte dalla pratica degli allenatori), si può portare il numero di sollevamenti a 6/7 o 7/8 ,non esageratamente di più, per non incorrere nello stesso errore concettuale di Weider.